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mercoledì 5 settembre 2012

La crisi come testimonianza di una (ir)responsabilità sociale

di Benedetta Andreoli


Parlare di “Responsabilità” o di “Irresponsabilità” sociale d’impresa rinvia al tema delle scelte, in presenza di conflitti tra valori, di dilemmi circa la scelta dei valori da applicare in specifici contesti, dove urge optare tra valori confliggenti o addirittura escludenti.
Rinvia dunque a scelte etiche, che si pongono come contemperamento di valori.
Utile per comprendere le dimensioni di un’azienda etica è riprendere la distinzione hegeliana tra le tre sfere della normatività: moralità, diritto ed eticità.

- La moralità riguarda i valori personali dettati dalla coscienza individuale: nel caso dell’azienda, ciò che l’imprenditore, i manager e tutti quanti operano in azienda, reputano
giusto o sbagliato.

- Il diritto rinvia alle norme dettate dallo Stato, regole dirette a diminuire le tensioni, che lo stesso sanziona con i tribunali e con la forza esecutiva. Si pensi, a titolo di esempio, ai doveri di natura strettamente giuridica cui un’impresa è tenuta. Tra tutti, i reati di bancarotta, di falso nelle comunicazioni sociali, gli illeciti commessi dagli amministratori.

- L’eticità riguarda quei diritti/doveri che sono condivisi in una relazione duratura e relativamente stabile tra più soggetti.
Con riferimento specifico al contesto aziendale, non si può così parlare di “etica” in presenza di comportamenti prescritti dal diritto, né di comportamenti riconducibili alla “coscienza” dell’imprenditore o del vertice. L’etica riguarda invece quelle scelte e quei comportamenti che sono l’esito di un incontro tra l’azienda e i suoi “stakeholder”, termine riferito a quanti hanno interessi specifici nei confronti dei comportamenti aziendali, proprio in quanto ne possono essere influenzati. Qualifica così in modo diretto la “mission” della organizzazione, riferendola a una forma di “governance” fondata su un profondo rispetto di tutti gli “stakeholder”, in base a un modello di valori condivisi. Questo implica che si vada oltre la mera prospettiva degli interessi degli azionisti – che limita la responsabilità aziendale all’obbligo morale del miglioramento del profitto degli investitori – abbracciando la visione della stakeholder theory, aperta a un ampio rispetto dei diritti di tutti i portatori di interessi.

Perché si possa parlare dunque di impresa “etica” occorre che la stessa:

1. definisca i propri valori chiave;
2. prenda in considerazione gli effetti del suo agire sugli stakeholder;
3. presti attenzione a beni intangibili quali la reputazione, il dialogo o la trasparenza;
4. ottimizzi le esternalità positive come l’occupazione e lo sviluppo socio-economico;
5. faccia il possibile per ridurre le esternalità negative come l’inquinamento e in generale
gli squilibri sociali e ambientali.

Sono questi i temi che costituiscono il cuore dei cosiddetti “Comportamenti Socialmente
Responsabili”, si parla pertanto di Corporate Social Responsibility (CSR).

Sul rapporto tra performance sociale e performance economica, da anni gli studiosi si sono confrontati senza giungere a conclusioni univoche. Le posizioni dominanti sono le due seguenti:

A) Non sussiste conflitto tra ruolo economico e ruolo sociale dell’impresa. Già Drucker aveva rilevato il legame esistente tra “responsabilità sociale” e “performance economica”, sostenendo che la responsabilità sociale di un’impresa consiste nel trasformare un interesse pubblico in un’opportunità di guadagno per l’azienda, in modo tale che interesse pubblico e interesse aziendale vengano a coincidere.

B) La contrapposizione tra finalità economiche e finalità sociali esiste semmai nel breve termine, in quanto nel lungo periodo è l’integrazione tra equilibrio economico ed equilibrio sociale a garantire la sopravvivenza e lo sviluppo aziendale. Se in specifici momenti decisionali la ricerca di opportunità economiche può essere in contrasto con considerazioni di natura sociale, in una prospettiva di lungo periodo i comportamenti socialmente responsabili risultano “complementari” rispetto all’obiettivo del profitto, contribuendo ad innalzare la redditività dell’impresa. Tale relazione di complementarietà può spiegarsi nei termini seguenti.

1. L’assunzione e l’adempimento di obblighi sociali contribuisce in misura significativa alla reputazione e alla creazione di un’immagine positiva dell’impresa nelle percezioni degli stakeholder (interni ed esterni); ciò ha le due seguenti implicazioni:

- favorisce la formazione del “consenso sociale”, che è alla base della “legittimazione sociale” dell’impresa, indispensabile per continuare ad operare proficuamente nell’ambiente in cui essa è inserita e dal quale trae le risorse necessarie per l’attuazione delle proprie strategie di sviluppo.

- consolida la fiducia che gli stakeholder possiedono nei confronti dell’impresa, contribuendo così a facilitare gli scambi e a ridurre i “costi transazionali”, impliciti in ogni relazione. Viene in proposito elaborato il concetto di “catena dell’affidabilità”, che si sviluppa a partire dai comportamenti socialmente responsabili, guidati da principi realmente etici, che consentirebbero all’impresa di guadagnare la fiducia e quindi la fidelizzazione dei propri stakeholders.
La reputazione, l’immagine aziendale, la cultura organizzativa, la fiducia, ecc. sono tutte risorse intangibili che, in quanto difficilmente imitabili da parte delle imprese concorrenti, possono costituire una fonte rilevante del vantaggio competitivo aziendale, fondato sulla “differenziazione” rispetto ai concorrenti.


2. L’implementazione di programmi volti a migliorare il benessere del personale determina una serie di benefici, quali: l’aumento della produttività del lavoro, la riduzione del tasso di assenteismo, la maggiore capacità di attrarre e di mantenere i “talenti” migliori, ecc. In proposito, emblematico risulta il caso della Luxottica - azienda italiana leader nella produzione e vendita di occhiali - la quale nel 2009, in accordo con le organizzazioni sindacali, ha attivato un programma finalizzato a supportare il potere di acquisto reale dei
dipendenti, fornendo una serie di benefit non monetari, complementari alla retribuzione monetaria. La motivazione alla base di tale iniziativa è stata proprio la considerazione che una migliore qualità della vita dei dipendenti costituisce una premessa indispensabile per una maggiore produttività ed efficacia del lavoro.


3. L’impegno sociale e ambientale può stimolare l’identificazione di nuove opportunità di business, le quali possono essere fonti di innovazione di prodotto e di processo. Si pensi, ad esempio, ai nuovi prodotti che incorporano tecnologie per ridurre l’impatto ambientale derivante dal loro uso nel settore degli elettrodomestici bianchi o delle automobili. Inoltre, le iniziative volte a migliorare l’ambiente di lavoro all’interno dell’organizzazione aziendale possono contribuire a creare un ambiente, che stimoli la creatività e la generazione di nuove idee da parte del personale. Le azioni socialmente responsabili possono contribuire alla capacità innovativa dell’impresa anche sotto un altro punto di vista: nel contesto attuale, l’innovazione è sempre più il frutto della collaborazione tra la singola azienda e i soggetti esterni; se la prima ha sviluppato una “buona” rete di relazioni con gli stakeholders, avrà maggiori possibilità di realizzare innovazioni di successo, grazie alla loro disponibilità a collaborare.
Tra performance economica e performance sociale esiste un rapporto di trade-off, poiché tenere comportamenti socialmente responsabili comporta il sostenimento di costi, che possono impattare sui prezzi e quindi sulla competitività aziendale o comunque ridurre il margine di profitto.


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