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mercoledì 1 agosto 2012

Riforma del Lavoro - Abravanel: «Basta privilegiati nel lavoro»

di Gennaro Grimolizzi

Il direttore emerito di McKinsey boccia la riforma Fornero. Invoca la meritocrazia.

Roger Abravanel
Critica senza mezzi termini la riforma Fornero, ancorata a modelli ormai superati. E’ convinto che il problema della crescita zero, in Italia, sia legato alla mancanza del rispetto delle regole con conseguente affossamento del merito. In questa intervista a Economiaweb.it, Roger Abravanel, direttore emerito di McKinsey, racconta come vede l’Italia nel mezzo di una delle crisi più dure della storia economica di questo Paese.


DOMANDA: Ingegner Abravanel, la recente riforma del lavoro servirà a favorire la crescita?

RISPOSTA: Non credo proprio. È una grande delusione, perché del tutto basata su uno dei tanti miti che ci vengono propinati sulle cause della nostra mancata crescita. La riforma Fornero è stata influenzata dal mito secondo il quale non si può licenziare in tempi di crisi. Il problema italiano, per mutuare un termine di Pietro Ichino, è una forma di apartheid fra dodici milioni di lavoratori del settore pubblico, molto protetti a livello individuale, e nove milioni di lavoratori di aziende, precari, partite Iva. Una situazione che incentiva a rimanere piccoli, bloccando la crescita.


D: Di che tipo di interventi ci sarebbe bisogno?

R: Una riforma del welfare è indispensabile. Bisogna entrare nell’ottica di proteggere il lavoratore e non il posto di lavoro. Servono ammortizzatori sociali molto più robusti in grado di abolire la cassa integrazione e le pensioni di anzianità. Fondamentale in questo senso è un’incisiva riforma della giustizia civile per ridurre la durata dei processi.


D: La meritocrazia non è di casa in Italia. Quali interventi potrebbero essere utili per sostenerla?

R: In una società post-industriale è necessario agire sul merito individuale, agevolare chi vale. È questo l’elemento sul quale far leva per la crescita. La meritocrazia verte sulla competizione e questo elemento manca in Italia. Le difficoltà sono poi acuite dal mancato rispetto delle regole in tutti gli ambiti.


D: Si parla tanto di cervelli all’estero da richiamare in Italia. È un sogno o un progetto realizzabile?

R: È stata fatta una legge, tra l’altro bipartisan, per fare un condono fiscale per i cervelli che decidono di rientrare in Italia. Le menti migliori trattate come capitali. La risposta a questa legge non è stata però confortante. Un brillante ricercatore che fa ricerca negli Stati Uniti non ritorna in Italia perché paga meno tasse, ma rientra se le università creano occasioni per attività destinate ad avere successo.


D: Dunque, servono interventi sulle università?

R: Se non migliorano anche le università con investimenti mirati, si possono fare tutti i condoni fiscali, ma il rientro dei cervelli è di difficile realizzazione. A mio avviso, è l’ennesimo esempio di regola sbagliata che non serve a nulla.


D: Come valuta l’offerta degli atenei italiani?

R: Abbiamo due problemi di fondo. Il primo riguarda il numero dei laureati, inferiore rispetto agli altri Paesi sviluppati. Il secondo riguarda la mancanza di centri di eccellenza. Non abbiamo una sola università tra le “Top 50” del mondo.


D: In più ci si affaccia tardi nel mercato del lavoro…

R: I giovani entrano tardi nel mondo del lavoro senza avere le “competenze della vita” e cioè la capacità di ragionare con la propria testa, ascoltare gli altri, risolvere i problemi. In questo contesto si inserisce il discorso del fallimento del “3”, soprattutto nelle università del Centro-Sud.


D: Il Sud può essere trasformato in un’opportunità per il Paese?

R: Il rilancio del Sud deve avere come cardini il rispetto delle regole e la meritocrazia. Gli imprenditori meridionali devono sforzarsi di far crescere le loro imprese e farle muovere sulle loro gambe.


D: Cosa suggerisce?

R: È utile responsabilizzare i cittadini-consumatori. Prendiamo l’esempio della Rca, che a Napoli costa quattro volte di più rispetto al resto d’Europa. Qui una società assicurativa ha lanciato un prodotto in base al quale chi dimostra che paga la tassa sui rifiuti può avere sconti vantaggiosi e la scatola nera sull’automobile. Un altro aspetto importante è la qualità delle scuole. È bene focalizzarsi di più sui “consumatori dell’istruzione”, gli studenti, e meno sui “lavoratori dell’istruzione”, gli insegnanti.

 

(Fonte economia web)


1 commento:

pinopi ha detto...

La min. Fornero ci ha provato ma le piazze si sono messe di traverso. Ed allora che si fa? Ci mettiamo l'esercito? Qui ognuno si è ricavato uno spazio privilegiato e non ne vuole sapere di regole e premio al merito.
Purtroppo per quaranta anni (quelli che ho visto io) non si è fatto altro che diseducare la mente della gente distribuendo clientelismo, raccomandazioni, aumenti contrattuali e contingenza uguali per tutti, carriere discutibili dall'operaio al dirigente, ottenendo. Aziende pubbliche ed INPS usati dai partiti e dai sindacati come un Bancomat. Sindacalisti e lavativi dei grossi stabilimenti industriali "sistemati" o "imboscati" nelle aziende di servizio del Comune, nelle ASL, negli ospedali. Tutta questa gente deve riconoscimento a qualcuno che ha bisogno del loro voto, ed avanti così con favori reciproci.
Come si può fare a cambiare qualcosa quando un pugno di ideologizzati come quelli della FIOM possono portarsi via i voti di tutti questi raccomandati del pubblico impiego? Possono il PD, la CGIL, la Cisl, fare a meno dei loro voti? Come si può cambiare qualcosa in un Paese dove pochi ideologizzati ammazzano chiunque ha il coraggio di suggerire vie d'uscita da questo blocco mentale?
Come può un Governo tagliare i nodi se deve sottoporsi al voto di chi ha bisogno del consenso popolare per sopravvivere?