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venerdì 27 novembre 2009

Utopie…?! Si può vivere bene senza lavorare: io ho fatto così

di Simone Perotti


Se parli a un amico del tuo sogno di cambiare vita, quello ti risponde subito con una domanda di ordine economico. Ma come fai a tirare avanti senza stipendio? È avvilente ma è così, nel nostro mondo anche i sogni si misurano in termini di budget. Come se a Leonardo da Vinci, quando mostrava i disegni di un sommergibile o di un elicottero, avessero chiesto: ma ce li hai i soldi per costruirlo? Eppure essere liberi oggi non è meno sorprendente di volare nel Rinascimento. Il fatto è che quando spieghi che si può, che basta consumare meno, l’amico ti guarda per capire se menti o sei semplicemente impazzito.
Per anni, mentre sognavo di riappropriarmi del tempo e della libertà, finivo sempre a fare e rifare calcoli. Sapevo che la questione di come campare con i soldi a disposizione era centrale. Ricordo bene che uscivo da una riunione, magari una di quelle in cui percepivo più che mai il senso di spreco e inutilità, e mentre tornavo in ufficio in taxi facevo e rifacevo i calcoli. Quanti soldi mi ci volevano per vivere? Quanti ne avevo? Quanto ancora dovevo lavorare per poter cambiare vita? Dov’era l’errore nel mio ragionamento? Avevo dimenticato qualcosa? I calcoli, naturalmente, non mi tornavano mai. O tornavano troppo facilmente. Qual era la verità? Stando alle mie elucubrazioni avrei dovuto lavorare ancora cinque od otto anni. Ma potevo attendere? A volte pensavo di sì, a volte pensavo di no. Gli anni migliori, intanto, scivolavano via.
Una delle cose che mi terrorizzava era la perdita dei benefit: telefonino, computer, trasporti, tutte cose che per lavoro facevo a costi aziendali. Mi pareva un’enorme mole di denaro. Ho scoperto che si tratta di pochi euro, basta navigare tra offerte e promozioni, o semplicemente fare un uso meno sconsiderato della comunicazione. Sentendo in giro, poi, mi pareva di essere sempre troppo ottimista sui costi d’esercizio della mia vita. Tutti concordavano nel dire che la vita costa più cara di come ipotizzavo io. Non mi sbagliavo: si può vivere con poco, si può risparmiare negli acquisti, si può evitare ogni spreco. Ed è anche divertente.

Il fatto è che ho sempre avuto il sacro culto della programmazione. Detesto chi ha un sogno e lo manda in aria per mancanza di concretezza. Mi colpì una frase di Bjorn Larsson, nel suo libro Bisogno di libertà: «Non si nasce liberi, lo si diventa. (…) Bisogna essere pronti a osservare una certa disciplina di lavoro, per realizzare i propri sogni. Non basta sperare, bisogna anche fissarsi un obiettivo e perseguirlo con una certa tenacia. E giù a rifare i calcoli, che non tornavano mai.
Ebbene, a due anni dalla mia scelta, come racconto nel mio libro Adesso basta (Chiarelettere), so che la gran parte di quei discorsi erano solo paure dell’ignoto. Se non si è consumisti, se non si confondono vita vera e oggetti inutili, simboli e realtà, se non si cade nel folle assunto che il benessere viene dai soldi, si può vivere con poco. Gli anni di preparazione servono a eliminare mutui, leasing, debiti, incombenze, ovvero vincoli veri e pesanti. Ma fatto questo, si vive con niente.
Occorre andare via da una grande città e scegliere un bel luogo dove pagare molto meno casa, prodotti e servizi. Organizzarsi bene con quello che si sa fare: tagliare la legna, fare l’orto, aggiustare ogni cosa da soli, costruirsi i mobili, ristrutturare da sé la casa. È utile soprattutto far rendere la propria passione. Il mio amico G. è appassionato di golf e si è messo a fare l’istruttore. Un altro amico, L., è andato a fare pratica da un falegname e ora fa lavori per amici e conoscenti. Guadagnano entrambi qualche euro, neanche pochi, si divertono. Io faccio lo skipper e l’istruttore di vela, scrivo libri e articoli. Tra consumi bassi, risparmi e qualche euro che entra, si vive benissimo. Liberi e spensierati. Il telefono, se costa troppo, si può spegnere. Il computer anche. Il desiderio di libertà, invece, no.


( Tratto da Economy Nov 2009)

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Il sociologo Amitai Etzioni ha identificato tre tipologie di individui che perseguono la semplicità. I fautori della semplicità volontaria (downshifter o sostenitori della decrescita) sono coloro che, dopo aver raggiunto un certo livello di ricchezza, decidono spontaneamente di ridurre il proprio reddito; successivamente moderano il proprio stile di vita in modo da spendere più tempo con la famiglia o perseguire interessi personali o comunitari. I “semplificatori irriducibili” sono coloro che rinunciano a posti di lavoro altamente retribuiti e di alto status accettando stili di vita più semplici. Il contingente più radicale è costituito da “semplificatori olistici e militanti”, che propugnano un cambiamento radicale e la cui vita ruota attorno a una visione etica di semplicità, a volte motivata da ideali religiosi o spirituali.

Anonimo ha detto...

Non bisogna smettere mai sognare,lottare per quello in cui si crede, idee ottimistiche,la creatività, rendono gli uomini felici e sicuri.

Anonimo ha detto...

La libertà non può non risentire della finitezza della nostra esistenza che rende contraddittoria e drammatica ogni nostra scelta inviduale (Kierkegaard).

Anonimo ha detto...

la libertà è contestuale e in movimento... rappresenta il motore della nostra evoluzione ...non sono sicuro che la ricetta possa essere applicabile a prescindere dal contesto, ma sono certo che possa rappresentare un'esperienza condivisibile e incoraggiante.
grazie