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mercoledì 9 settembre 2009

Coinvolgere: aziende e spirito di comunità

di Errico Grisot


La recente crisi finanziaria ed economica ha evidenziato alcune distorsioni che governi ed aziende stanno cercando di correggere nel più breve tempo possibile.
Sono state scritte innumerevoli analisi e commenti a riguardo che hanno accusato le politiche governative troppo liberiste ed i pochi controlli sul comportamento di coloro che decidevano l'erogazione di credito ad aziende e famiglie. Agli onori della cronaca sono stati anche riportati i comportamenti ed i compensi dei top manager delle stesse aziende che con le loro decisioni hanno contribuito all'accentuarsi della crisi finanziaria.
Attualmente molto si dibatte sulle strategie di uscita dalla crisi sia da parte dei governi nazionali sia delle aziende. Se leggiamo i pareri degli esperti a riguardo ci sono una molteplicità di opinioni anche discordanti.
In un recente articolo Henry Mintzberg, considerando l'attuale crisi finanziaria ed economica, ha posto l'attenzione su un differente livello di analisi: a parere del professore la crisi che stiamo subendo vedrebbe la propria genesi nelle distorsioni gestionali ed organizzative che si sono sedimentate negli ultimi decenni nelle prassi aziendali.
Secondo questa prospettiva quindi la strategia di uscita dalla crisi difficilmente può limitarsi all'azione di governi che prestano aiuto alle banche e, a cascata, all’azione di banche che soccorrono aziende. Se le prassi aziendali non cambiano la crisi in realtà non terminerà, anzi peggiorerà nel momento in cui gli aiuti forniti non daranno lo sperato ritorno sull'investimento.
Quali sono quindi queste prassi aziendali che hanno contribuito così pesantemente alla presente crisi economica? L'analisi del prof. Mintzberg si basa su consulenze operative ad organizzazioni grandi e medie e ad aziende strutturate; tuttavia i risultati emersi da questo lavoro possono essere utili; a nostro parere; anche ad aziende più piccole.
Sotto accusa è lo stile di leadership che ha caratterizzato molte grandi e medie aziende nelle ultime decadi che viene definito “di breve respiro”. A suo parere in questo arco temporale si è finiti con l’enfatizzare esageratamente il ruolo dell'amministratore delegato (CEO) individuandolo come promotore di tutti i risultati aziendali; di conseguenza tutte le altre componenti della struttura aziendale vengono considerate come un fattore costo da gestire in funzione della marginalità inseguita.
Questa valutazione pone il ruolo della leadership (direzione) nelle aziende come superiore e soprattutto separato dal ruolo del management (gestione). La direzione decide le strategie e le politiche aziendali senza confrontarsi con la struttura interna, perché non sente la necessità di coinvolgerla. L'implementazione successiva viene affidata al management che si occupa di muovere tutta la struttura per il raggiungimento degli obiettivi imposti dall'alto. Questo scollamento è fallimentare in quanto porta il vertice ad esempio a sovradimensionare i propri interessi personali e la struttura sottostante a non considerare gli obiettivi aziendali come propri.
Mintzberg spiega questa dinamica evocando il concetto di comunità: quando le organizzazioni perdono il loro senso di comunità perdono anche il loro motivo di esistere. Quindi se la leadership è fondamentale per le organizzazioni questa deve essere integrata dallo spirito di comunità: la direzione che viene decisa può essere percorsa solamente attraverso un collante sociale che lega assieme i componenti dell'organizzazione per uno scopo che è più grande dell'interesse individuale dei singoli. La leadership va integrata con il senso di comunità.
Quindi la ridefinizione del ruolo della leadership nell'organizzazione aziendale può essere fatta attraverso la rivalutazione del concetto di comunità. Le organizzazioni aziendali hanno una struttura piramidale in cui c'è un vertice ed una base chiaramente individuabili ma questo non significa che non possono essere viste come delle comunità.
Gli aspetti che caratterizzano il concetto di comunità sono più facilmente riscontrabili nelle aziende di successo di piccole dimensioni: nelle quali la crescita aziendale e l'energia positiva che sprigiona, coinvolge tutti i partecipanti e fa sentire tutti come all'interno di una famiglia vincente.
Quando il senso di comunità viene prevaricato dall'interesse individuale i componenti dell'organizzazione pongono i propri fini individuali come prioritari rispetto agli obiettivi del gruppo. Questo atteggiamento porta il gruppo al collasso o alla burocratizzazione delle proprie mansioni distaccandole progressivamente dagli obiettivi di crescita comuni. Le aziende così si spengono coinvolgendo nei casi peggiori anche attori esterni. Come è successo con alcune banche statunitensi.
Nelle analisi organizzative compiute da Mintzberg è emerso che non è solo il leader eroico che risolve i problemi aziendali. Non esistono solamente super leader che sono in grado di indicare le soluzioni innovative che fanno guadagnare nuove quote di mercato all'azienda.
Mintzberg spiega come l'enfatizzazione eccessiva dell'importanza del vertice aziendale depotenzi le capacità innovative e propulsive di coloro che fanno parte della struttura operativa aziendale.
Fino ad ora è stato sempre esaltato il potere di iniziativa del singolo amministratore che costruisce un impero, del leader che risolleva e rilancia le sorti dell'azienda. Ma se analizziamo i casi concreti le migliori aziende creano al loro interno le soluzioni per il loro futuro e non le impongono dall'alto attraverso un vertice super-creativo. Spesso sono soluzioni strategiche complesse sviluppate all'interno dei team e facilitate da una direzione aziendale che stimola l'innovazione dei singoli attraverso uno spirito di comunità.
Chi ha il reale contatto con il cliente in azienda? Chi sono coloro che conosco meglio i prodotti dell'azienda se non quelli che contribuisco a crearli? All'interno delle organizzazioni di tutte le aziende esistono le risorse per innovare, è necessario permettere a queste risorse di esprimere le loro energie positive contribuendo alla costruzione e al mantenimento di una comunità che punti a obiettivi superiori rispetto a quelli dei singoli.
Come intervenire allora se la leadership di per sé non può essere l'unica risposta? Come può un’organizzazione aziendale creare e mantenere il senso di comunità al proprio interno per poter generare quelle energie positive che fanno crescere aziende e fanno ottenere ai gruppi dei risultati nemmeno immaginabili in principio?
Mintzberg nella sua analisi indica alcune caratteristiche sulle quali lo spirito di comunità deve appoggiarsi.
I pilastri della comunità si trovano già all'interno delle aziende e sono composti da coloro che hanno una approfondita conoscenza dell'attività aziendale, ne sono profondamente coinvolti e da questa traggono sostentamento.
La leadership aziendale ha la responsabilità di incoraggiare e promuovere un clima di fiducia e coinvolgimento. Ad esempio le discriminazioni dal punto di vista retributivo non giustificate da risultati operativi conducono ad un logoramento di questa fiducia. Spesso nelle nostre aziende famigliari questo aspetto viene sottovalutato.
Per fare in modo che questo senso di fiducia e responsabilità perduri in azienda è importante creare e mantenere una cultura aziendale: ciò significa che tutti i partecipanti devono sapere dove si sta andando e quali sono gli obiettivi e le difficoltà che si affrontano. La leadership aziendale deve essere posta al centro dell'organizzazione, non più al vertice; deve essere in grado di dialogare sia verso il basso sia verso l'esterno; deve agevolare il cambiamento. I membri di una organizzazione aziendale devono conoscere gli obiettivi aziendali e devono essere in grado di dare il loro contributo di miglioramento.
Lo sviluppo dello spirito di comunità all'interno delle realtà aziendali deve essere anche perseguito di continuo. Nella sua esperienza di consulenza Mintzberg ha individuato delle pratiche che lo promuovono:
Focalizzare il lavoro in piccoli gruppi spesso facilita l'innovazione; è più facile che i componenti diano il loro personale contributo alla concretizzazione di nuove idee.
Quello che viene sperimentato e provato in piccoli gruppi può diventare parte di una nuova strategia che coinvolge tutta l'azienda. Nella storia del management è famosa l'esperienza di IBM che da gigante della produzione di materiale informatico è diventata un gigante nella vendita di servizi. Questo passaggio ha avuto origine non dalla creatività del vertice aziendale ma da piccoli gruppi di ingegneri che nella loro esperienza di lavoro hanno intravisto delle nuove opportunità per tutta l'azienda ed il vertice è stato in grado di dare ascolto a questa creatività.
Quando gli individui interni all'organizzazione si sentono partecipi del destino dell'azienda, la loro energia positiva può portare tutta l'azienda a degli standard di risultati nettamente superiori.
La crisi economica si supera partendo dalla propria postazione di lavoro. I vertici delle nostre aziende devono guardare al proprio interno e chiedersi, forse per la prima volta, dove è la loro chiave per l'innovazione. La aziende italiane possono superare questa difficile fase cercando nel mercato del lavoro le professionalità e i profili migliori da inserire: saranno questi a permetterle di creare nuovi mercati, acquisire clienti che prima sembrava non esistessero e spostare l'organizzazione su risultati di eccellenza.
Questo è necessario per creare una economia nuova: permettere ai talenti di poter entrare in azienda e sprigionare la loro energia positiva e la loro creatività. Mintzberg ha individuato nel concetto di comunità la caratteristica mancante della gestione aziendale delle ultime decadi; la mancanza di coinvolgimento delle persone che partecipano all'impresa ha snaturato e cancellato imprese storiche. Dobbiamo invertire la rotta passando dalla gestione di risorse umane alla gestione di persone.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

.....Attraverso questa newsletter qualcuno ha capito che stava sbagliando qualcosa ed ha cambiato rotta...Grazie!!!

Francesco ha detto...

Bel colpo, questo articolo apre una bella breccia.
Anche per me che sono un quasi totale ignorante di management, ma ho delle buone basi di teoria del controllo e dell'informazione.

La mia impressione e` che in Italia il livello "top" di competenze sia talmente basso (specialmente dove bisognerebbe essere in grado di innovare), che fa molto piu` comodo "appiattire" tutti verso il basso. Cosi` la burocratizzazione e l'individualismo al vertice nascondono l'incapacita` di esporsi e competere, dando spesso importanza ad aspetti poco funzionali all'azienda e molto politici - aka "aziendalismo" - ovvero la salvaguardia delle in-competenze di alcuni vertici e dei "cuscinetti" protettivi di cui provano a circondarsi. Questo spiega in parte il perche` i vertici siano molto spesso restii a recepire istanze di cooperazione e di direzione dal basso. Specie quando, in "basso", c'e` gente brava a fare il proprio lavoro e a dare indicazioni.

Osserverei anche che questo fa a pugni con il principio di teoria dell'informazione per cui "Feedback increases Capacity". Questo non significa che il feedback sia obbligatorio, certo e` che la capacita` di reagire velocemente e con precisione diventa un vantaggio competitivo per una azienda. Insomma, la cooperazione aiuta il feedback nei processi aziendali. E no feedback, no party.

Altri pointer interessanti: teoria dei giochi cooperativi, ampliamente applicata a modelli economici, ecologici e sociali da molti anni. Probabilmente molti risultati in quell'ambito sono gia` noti, ma sarebbe interessante capire quali applicazioni hanno avuto nella teoria dell'organizzazione aziendale.

Errico Grisot ha detto...

Ma la comunità non deve essere una scusa... per l'italiano medio :-)

Il pensiero di Minztberg parte da un contesto anglosassone nel quale alcune prassi di gestione organizzativa sono decisamente consolidate.

Si disquisisce sui differenti stili di leadership, più o meno comunitari, più o meno staccati dal management vero e proprio.

Non viene presa in considerazione la problematica della presenza o della mancanza di una leadership, cioè di qualcuno che diriga e faccia percorrere una strada.

Spesso quello che riscontriamo nelle organizzazioni aziendali italiane è una mancanza pesante di leadership che spesso viene sostituita da un finto senso di comunità nel quale tutti sono autorizzati a dire la loro e creare il loro personale processo direzionale: praticamente anarchia burocratizzata.

Il feedback esiste come conseguenza di una comunicazione direttiva, non deve essere la direzione stessa. Altrimenti si utilizzano veramente i dipendenti come scusa per non assumersi delle responsabilità al vertice.

Le responsabilità vanno gestite non scaricate... ce la possiamo fare?