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mercoledì 5 ottobre 2011

La teoria dei giochi della visibilità e la nascita del divario free- gap

di Seth Godin

Tutto è iniziato a causa del problema del rendersi visibili.

Troppe cose da scegliere, ogni giorno di più. Nessun modo efficace per avvisare il mondo del vostro servizio, la vostra musica, il vostro libro. Che succederebbe a darli via gratuitamente, per facilitare il diffondersi dell’idea?

Gli esempi più semplici della vecchia scuola, sono la radio (brani da ascoltare gratuitamente, nella speranza che qualcuno li compri) e Oprah (dare via tutti i segreti del suo libro, nella speranza che molti lo comprino).

Fuori della porta c’è una fila di gente desiderosa di diffondere le proprie idee, perché in un mercato affollato, essere ignorati significa l’insuccesso.
La maggioranza, il più delle volte, non compra una cosa, se esiste un sostituto gratuito a disposizione. Un centinaio di milioni di persone ascolta una brano pop alla radio e meno dell’uno per cento ne compera una copia. Milioni entreranno in un museo per vedere un dipinto, ma pochissimi possiedono stampe, poster o anche un’opera d’arte originale di basso costo, nelle loro case; nel primo caso, la musica acquistata è migliore (qualità e comodità) rispetto alla versione gratuita, nel secondo, la stampa è solo più accessibile, ma i numeri sono gli stessi: un sacco di visite, non un sacco di conversioni.

Non esitiamo a chiedere ad un consulente o ad un medico o uno scrittore, un parere gratuito, ma spesso esitiamo quando ciò comporta un pagamento (”Oh, non sto chiedendo una consulenza, volevo solo la risposta a una domanda …”). E sì, mi hanno detto che c’è chi si taglia i capelli da solo, invece di dare un paio di dollari a qualcuno, per farlo.

Niente di tutto questo è una novità, però due cose sono cambiate:
  1. Al crescere delle attività commerciali che trattano beni digitali (siti web, e-books, musica, ecc…), la tentazione di diffondere l’idea gratuitamente (per facilitare la nostra scoperta), diventa economicamente possibile, se credete che la diffusione gratuita porterà a maggiori entrate nel lungo termine. Il costo di una singola copia è zero, per cui si può scegliere di dare via gli articoli digitali senza mandarsi in bancarotta da soli.
  2. Si è formata una cultura del consumo digitale gratuito, che viene adottata da un segmento enorme, costituito dai consumatori più ambiti: adolescenti, persone colte, la classe medio-alta.
La scommessa dell’ideatore, quindi, è che quando da via qualcosa gratuitamente, verrà scoperto, attirerà l’attenzione, si diffonderà e poi, come abbiamo visto con la radio nel 1969, porterà una certa parte delle masse, effettivamente comprare qualcosa.

Ciò che è facile trascurare, è che affinché abbia luogo l’ultimo passo, è necessario un balzo. Mentre rendevamo alle idee, più facile diffondersi in formato digitale, in realtà abbiamo amplificato il divario tra ‘gratuito’ ed ‘a pagamento’. Come risultato, c’è un gruppo enorme di consumatori, che non pagherà per avere qualcosa, se può evitarlo.
30 anni fa la radio era semplice: tutti ascoltavano gratuitamente e alcuni acquistavano.
Per un certo tempo, si può utilizzare la gratuità per promuovere un’idea ed avere influenza sufficiente a spostare l’attenzione verso le vendite a pagamento, di un articolo simile (o perché la gratuità cessa, o perché articoli simili offrono comodità o un valore di souvenir).

Penso che tutto ciò stia cambiando; al crescere del gruppo del ’solo gratis’, la gente comincia a sentirsi stupida quando paga per qualcosa, quando il sostituto gratuito è facilmente disponibile e forse più comodo da reperire.

Pensate a questo: oggi l’acquisto di cose fa sentire sciocche alcune persone, pochi si sentivano stupidi a comprare un album dei Creedence nel 1970. Si sentivano soddisfatti, non stupidi.

Questa nuova impostazione mentale improntata alla gratuità, significa che chi ha qualcosa da vendere è costretto a ingegnarsi sempre di più, ad inventare cose che non possono avere un sostituto gratuito: il patrocinio, eventi live, l’appartenenza, i benefici dell’essere in relazione; tutte queste cose sono al di fuori dell’ambito che usavamo associare al modello di business creativo, ma è un approccio che cambierà presto.

La musica di Lady Gaga è praticamente gratuita, è il concerto che costa soldi. La filosofia delle consulenze della McKinsey, in biblioteca è gratuita; è il lavoro personalizzato su misura, che costa denaro. Guardare un film su Netflix è gratis, una volta che avete pagato per farne parte. Giocare a golf presso il campo pubblico locale, è piuttosto a buon mercato, è l’appartenenza al club esclusivo che costa denaro …

C’è uno scollamento crescente tra fare qualcosa di utile ed essere pagati per questo. L’artefatto digitale si sta dirigendo verso il gratuito, sempre più velocemente ed il salto inevitabile verso una versione a pagamento dello stesso articolo, sarà sempre più difficile.

Gli ideatori non devono farselo piacere per forza, ma la cultura del gratuito è qui e sta diventando sempre più pervasiva. Le spietate ragioni economiche del farsi scoprire, combinate con un costo marginale pari a zero, creano un percorso inarrestabile verso il gratuito, che approfondisce il divario. Andando avanti, molte cose che potrebbero essere gratuite, lo diventeranno.


[Vale la pena destinare una nota a margine, per parlare di ciò che si dovrebbe fare. Alcuni commentatori hanno sostenuto con forza che le cose non dovrebbero essere gratuite, che gli ideatori dovrebbero essere sempre pagati, che il 47% della nostra economia è basata sulla proprietà intellettuale ecc...

Naturalmente, il gratuito è sempre stato parte dell'equazione; questi commentatori, quelli che discutono nelle interviste o nei blog, stanno già distribuendo le loro idee gratuitamente. Il libro più venduto di tutti i tempi non ha diritti d'autore ed è stato diffuso gratuitamente per migliaia di anni. I musicisti verrebbero volentieri a suonare per quasi niente, in American Bandstand o il Tonight Show.

La maggior parte delle idee non sono mai state qualcosa da poter monetizzare; l'ideatore dello scherzo Knock Knock, per esempio, o i due ragazzi del college che hanno ideato i 'Sei gradi di Kevin Bacon' hanno messo le idee su ideastream e le hanno diffuse senza ponderare molto il compenso economico.

Non sto affatto sostenendo che il contenuto debba essere gratuito. E' evidente che né l'uno né l'altro di questi due punti di vista è una verità assoluta; la mia tesi è che la linea che delimita l'utilizzo gratuito come strumento per farsi scoprire, si stia spostando ed in futuro il miglior modo (e forse il solo) di monetizzare, è che l'idea debba essere racchiusa in qualcosa che realisticamente non potrebbe essere gratis. Per esempio, prodotti e servizi con un costo marginale maggiore di zero.

Si può pensare che i consumatori pagherebbero per avere contenuti eccellenti? Ci potete scommettere! Infatti, pagare per i contenuti, è un ottimo modo per garantire che ne vengano prodotti altri.

La teoria dei giochi applicata mercato, stabilisce un'alta probabilità che chi è alla ricerca di visibilità, spingerà sull'utilizzo del gratuito per attirare l'attenzione? Certamente.

Gli ideatori hanno abituato i più, quelli che spendono di più, la porzione più intelligente del mercato, ad aspettarsi che molti articoli in formato digitale siano gratuiti. Ora tocca a noi confezionare questi articoli in modo che valga di nuovo la pena pagarli.]


4 commenti:

Doctor Who ha detto...

Molto interessante, ma anche nell' era digitale rimango del parere che ciò che è gratuito non vale niente...o tale è percepito infine dal cliente finale.

Ovvio, che la cura e il lancio di un prodotto/servizio richiedano una approfondita riflessione e il lancio gratuito può essere ricompreso nelle opzioni, ma alla fine bisognerà fare in modo di scovare Clienti che acquistano...

senior cons ha detto...

ne parlavo questa mattina in formazione da un cliente che vende servizi - tra l'altro in un settore in cui il "gratuito" impazza.
sostenevo che il cliente che accetta un servizio gratuito, è pradossalmente più esigente. credo sia perchè pensa che, se il servizio è gratis, chi lo fornisce è più interessato a lui come cliente di quanto non sia lui interessato al servizio che gli viene regalato. e quindi tira la corda finchè c'è spazio.

se invece il venditore riesce a far pagare molto il cliente che ha davanti, allora anche l'erogazione sarà più semplice: nel momento in cui il cliente ci riconosce competenze, si convince ad acquistare e nella misura in cui riconosce che quelle competenze sono "pesanti", non si permette di chiedere olre il concordato.

è una logica che sta in piedi secondo voi? l'avete vissuta anche voi?

è chiaro che poi il problema sta sempre lì: le competenze che vogliamo far pagare care al cliente, ce le abbiamo???!

Anonimo ha detto...

.....mi trovate d'accordo un po' su tutto....le competenze poi che si vogliono fare pagare caro più che averle occorre svilupparle con impegno, dedizione e caparbietà.
Tutti i più importanti artisti ed inventori non sarebbero stati tali se ai primi fallimenti avessero abbandonato il campo di battaglia.

raimondo tensiani ha detto...

@senior cons.
le competenze si vendono care se si hanno. E' poi responsabilità di chi le vende assicurare a chi le compera che serviranno per raggiungere gli obiettivi prefissati.
E' vero che nei servizi c'è molta improvvisazione, ma basta chiedere a chi vende tre cose: 1) per chi lavora; 2) da quanto tempo fa questo lavoro o lo fa la sua azienda; 3) se ha delle referenze.
Il resto è "duro lavoro" e capacità di saltare gli ostacoli o di aggirarli.