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domenica 3 luglio 2011

La gestione strategica del recruitment e della selezione del personale

di Maurizio Siciliano

Il contesto ipercompetitivo e globalizzato delle economie più sviluppate, ha prodotto anche una profonda trasformazione dei tradizionali compiti affidati alle funzione HR delle aziende. Negli ultimi 15 anni, queste funzioni da una logica di amministrazione e controllo, sono passate ad una logica di sviluppo e collaborazione strategica. Sia nelle grandi imprese che nelle piccole e medie soprattutto, il capitele umano ha assunto un ruolo di risorsa critica, superiore alle risorse tecnologiche, finanziarie ed economiche. Pertanto, oggi la funzione HR, che sia integrata in azienda, soprattutto nelle medie e grandi, o sia gestita in outsourcing, come nelle piccole, ha il compito fondamentale di valorizzare il capitele umano esistente ed integrarlo con ulteriori talenti, funzionali allo sviluppo strategico deciso dall’impresa. Infatti, in questo approccio il vantaggio competitivo di un’impresa è costruito sulle persone che ne fanno parte, attraverso le competenze di cui sono depositarie e dalla loro disposizione a coinvolgersi nell’impresa stessa. Risulta pertanto evidente, che il recruitment e l’inserimento di persone che hanno le competenze e le motivazioni ad eccellere nei diversi ruoli all’interno dell’organizzazione aziendale, sono attività fondamentali per garantire un vantaggio competitivo sostenibile nel tempo. Se l’organizzazione non riesce ad individuare ed attrarre le persone eccellenti, le relative prestazioni tendono ad essere negative e la funzione manageriale mostra limiti di sostenibilità funzionale e finanziaria.
Il processo di recruitment e selezione di talenti, in questo contesto mostra un notevole livello di complessità e criticità. Non si tratta solo di individuare una persona per una posizione, come spesso si è portati a credere. Bisogna valutare con attenzione ed analiticità l’impatto del talento all’interno dell’impresa e dei processi organizzativi e valutare con attenzione non solo le dimensioni tecniche dei candidati, ma soprattutto le loro dimensioni “emotive” e il loro impatto in un’ottica di sviluppo potenziale della posizione da ricoprire e delle performance da generare. La selezione non deve essere necessariamente orientata a ricercare i migliori in assoluto ma ad individuare coloro che mostrano un elevato livello di congruenza con i valori e le norme dell’organizzazione e la posizione da ricoprire. Nell’ottica anche di una maggiore adesione a modelli organizzativi piatti che privilegiano l’efficienza e il taglio di costi, le aziende non necessitano unicamente di competenze tecnico-specialistiche, ma contemplano nei candidati capacità di problem solving strategico ed operativo, insieme a capacità gestionali, relazionali e di flessibilità. Per questo motivo, oggi il recruitment e la selezione non possono più solamente concentrarsi sulla “ricerca” ma devono sviluppare “politiche attrattive” che incoraggino, in una strategia di selezione continua, la autoselezione anche attraverso strategie proattive di attrazione di candidati talentuosi. Non più selezione per coprire posizioni quindi, ma “selezione strategica continua”.
A questo scopo, diventa fondamentale che l’impresa sviluppi il concetto di “Employer Branding” ovvero “una strategia di marketing finalizzata a creare un’immagine aziendale coerente con l’identità dell’impresa come employer (luogo di lavoro), in sintonia con il target di riferimento e ben distinta da quella dei competitors, attraverso la quale attrarre e fidelizzare le persone di talento. La grande sfida per il futuro sarà la capacità dell’azienda di gestire ed integrare al meglio i suoi diversi ruoli: come realizzatore di profitto mediante la produzione di beni e servizi, come realtà socialmente responsabile grazie ad un comportamento sempre più etico e come “luogo di lavoro” dove i dipendenti attuali e potenziali possano trovare il piacere di lavorare” (Amendola).
Il fine ultimo della strategia di employer branding, come sostiene il prof. Padula,” è quello di allineare i comportamenti e gli stili cognitivi delle persone con la vision e i valori propri dell’organizzazione e, quindi, indurre i collaboratori ad essere i portatori stessi dei valori aziendali e a sostenerli. L’idea di fondo è che quando i dipendenti/collaboratori comprendono a pieno e apprezzano i loro brand, non solo riescono meglio a fornire l’auspicata brand experience ai consumatori e agli altri stakeholder, ma offrono all’azienda un livello di impegno e motivazione senz’altro superiori. In questo contesto, riveste un ruolo fondamentale la comunicazione interna, che dovrebbe puntare alla creazione di una loyalty testimoniale, quindi far divenire il personale il vero testimonial dell’azienda. Dobbiamo rilevare, comunque, che le strategie di employer branding hanno una duplice valenza: attrarre persone interessate e interessanti ma anche stimolare un comportamento di autoselezione ex ante, da parte dei potenziali candidati, in modo da rendere più efficiente il vero e proprio processo di selezione. Le aziende che comprendono le potenzialità dell’employer branding attraggono i candidati ideali e fanno dei loro collaboratori i fautori più potenti del “successo” presente e futuro. L’employer image rappresenta infatti una risorsa intangibile non facilmente imitabile dai concorrenti, poiché integra fra loro il messaggio relativo alle caratteristiche proprie della posizione lavorativa con le componenti, più emotive e profonde, tipiche di ogni cultura aziendale”.
In conclusione, il valore aggiunto delle attività di recruitment e selezione in un’ottica che sposa le strategie di sviluppo dell’azienda, diventano fondamentali nell’attuale contesto di crisi. Una funzione HR che non persegua questi obiettivi è fuori dal mercato e bene farebbe l’azienda ad esternalizzare tali processi tramite operazioni di outsourcing. Allo stesso modo, l’obiezione che afferma che politiche di questo tipo valgono solo per le grandi imprese strutturate, risulta infondata. Le piccole e medie imprese, proprio per la loro elevata flessibilità e per la potenziale adesione a servizi di consulenza HR in outsourcing bene si adattano a progettare strategie di recruitment e selezione, che rispondano in modo flessibile alle mutevoli condizioni del mercato e alle diverse strategie di sviluppo dell’impresa.

3 commenti:

imprenditore disilluso ha detto...

tutto bello e interessante e come sempre è l'impresa che deve ancora investire su di sè. poi, dopo che ha investito sulla propria immagine, si affaccia al mercato del lavoro e cerca il candidato più adatto a sè, alle proprie esigenze ed al proprio contesto operativo. magari trova anche un candidato valido, investe per formarlo e dopo qualche mese o qualche anno si trova davanti a due potenziali problemi: o il candidato è talmente bravo che ha deciso che è cresciuto abbastanza per voltarsi verso nuovi orizzonti e lascia l'azienda (che l'ha formato e ha investito su di lui), oppure è talmente un osso che rimane in azienda, magari pure improduttivo, e non si riesce più a mandarlo a casa e allora l'azienda paga doppiamente per la cantonata che non è stata in grado di evitare....

il problema è che per quanto l'azienda possa investire su di sè e sulla propria immagine, il terreno su cui crescono i nostri nuovi giovani lavoratori o è sterile o è troppo concimato.. sta di fatto che non so quale sia il problema, ma chi ha voglia di lavorare non si trova mai dietro l'angolo...

sphera come sfera di cristallo? forse qui servono i miracoli...

Anonimo ha detto...

Concordo pienamente con il concetto di selezione continua di talenti.
Mi capita spesso di conoscere titolari di piccole e medie imprese che pensano di saper fare bene la selezione di persone talentuose in autonomia ma in realtà si ritrovano con un turnover elevato, spesso sempre nelle stesse posizioni e ricorrono a società di ricerca e selezione solo quando hanno urgenza di ricroprire delle posizioni scoperte nell'immediato....

l'afa da alla testa? Un'altra scusa ha detto...

Ci sono imprenditori che credono che il successo della propria azienda sia basato sul prodotto che commercializzano o sul servizio che erogano. Poi si accorgono che altre realtà con medesimi prodotti o servizi sullo stesso territorio hanno performance differenti... Ma per fortuna ogni tanto qualcuno ci ricorda che le strategie e le tattiche viaggiano sempre attraverso le persone che siamo in grado di coinvolgere: altrimenti i computer non si accendono le email non partono, i progetti non si concludono, le vendite non si finalizzano...

Nota Bene: andare alla ricerca di scuse per consolarci è meno impegnativo che ricercare persone valide, ma quanto ci costa?