Pagine

martedì 5 aprile 2011

Rapporto banca–cliente: istruzioni per l’uso

di Errico Grisot

Una volta nella vita capita più o meno a tutti: un giorno ci svegliamo ed abbiamo bisogno di un conto corrente. Oggi, come in molte altre situazioni, l'esperienza e la prassi che tutti utilizzavamo fino a pochi anni fa oramai non è più applicabile.

C'era una volta un giovane studente che aveva appena finito gli studi. Dopo alcuni colloqui inizia a lavorare presso una media azienda in un qualche distretto. Dopo il primo mese riceve il primo sudato stipendio, cosa fare?
Una volta si entrava in banca e lo si versava nel conto corrente aperto per l'occasione. Ora che alcune prassi amministrative sono cambiate, all'atto dell'assunzione vengono chieste le coordinate del conto corrente o meglio l'iban per il futuro accredito, quindi in banca bisogna andarci prima.

Seguiamo il percorso di questo ragazzo che si presenta allo sportello di un qualsiasi istituto bancario e chiede l'apertura di un conto corrente. L'impiegato contento di contribuire alla crescita della propria banca sorride e spiega al nuovo cliente come funziona: chiede i dati, fa firmare molti fogli e consegna il primo bancomat. Il ragazzo esce contento con la sua tessera luccicante ed un iban personale nuovo di zecca.

Passa il tempo, il ragazzo lavora già da qualche anno e decide che c'è bisogno di acquistare un'auto tutta sua, così da non dover chiedere ogni volta ai genitori il permesso di utilizzare la loro. Come prima cosa si reca all'edicola sotto casa ad acquistare l'ultimo numero di “Quattroruote”. Nella rivista comincia a leggere attentamente tutti i vari articoli, recensioni, considerazioni e comparazioni dei veicoli in vendita nelle concessionarie. Poi è il momento di fare il giro delle concessionarie della città dove poter vedere i modelli dal vivo e comparare offerte, prezzi ed allestimenti proposti. Dopo attente valutazioni, anche di carattere economico decide quale potrebbe essere l'auto che fa per lui.

L'atteggiamento con il quale il nostro eroe si è avvicinato all'acquisto della prima auto rispetto all'apertura del primo conto corrente è fondamentalmente diverso, eppure sono entrambi due acquisti.

Forse una differenza c'è: nel caso dell'acquisto dell'auto devo pagare un importo consistente e torno a casa con un'automobile nuova, nel caso dell'apertura di un conto corrente mi accordo su modalità di versamento e prelievo di mio denaro e niente di più. All'apparenza quando mi relaziono con un istituto bancario per l'apertura di un conto corrente non ho l'impressione di acquistare qualcosa ed invece proprio di acquisto si tratta.

Nel secolo scorso, quindi poco più di una decina di anni fa, il rapporto che la maggior parte delle persone avevano con la propria banca era, per così dire a tempo, indeterminato: una volta aperto il primo conto corrente, probabilmente nella stessa filiale dove i genitori da sempre avevano il loro, si manteneva una relazione continua, di fiducia e alle volte di amicizia con il direttore che negli anni seguiva tutte le varie vicissitudini della propria famiglia.

Poi, in anni più recenti con l'avvento delle economie globali e di qualche scandalo bancario in più, anche il cliente più abitudinario ha cominciato a farsi delle domande e chiedere delle insolite spiegazioni, riguardo il suo rapporto con questo particolare collaboratore familiare che è l'istituto di credito.

Quindi sono fioriti numerosi libri sull'argomento che mettono in evidenza come il rapporto tra utente-bancario / sportello-bancario sia da analizzare sotto una prospettiva nuova più aderente alla realtà dei fatti e soprattutto ai propri conti in tasca.
Se fino a qualche anno fa la percezione del cittadino tra sportello bancario e sportello della anagrafe comunale non era molto differente, ora nell'avvicinarsi allo sportello bancario l'utente si è fatto un po' più cliente ed quindi chiede delle spiegazioni in più.

L'atteggiamento che portava il nostro ragazzo ad entrare in banca con uno spirito diverso rispetto all'entrata in un concessionario d'auto, non era tanto nella differenza di impegno economico che i due acquisti richiedono, quanto nella percezione che in banca non si acquista nulla ma si riceve solo un servizio come presso gli sportelli del Comune.

Ma come suggerisce Gabriele Bellelli all'inizio del suo ultimo libro (“Mani in alto, questa è una banca!” ed. De Agostini) la banca è una azienda che fornisce un servizio a pagamento e soprattutto “la banca non è un'associazione di volontariato”. Ogni volta che prendere un autobus pagate il biglietto? Bene, ogni volta che fate un bonifico pagate il biglietto alla banca.

Il rapporto tra istituti bancari e cittadini deve trasformarsi in quello che realmente è: una relazione commerciale tra aziende e clienti che quindi hanno la possibilità di trattare. Da questo nuovo punto di partenza tutti possono ridisegnare il loro rapporto con le banche sia da privati cittadini sia da aziende che gestiscono gli acquisti con un loro importante fornitore.

Le banche sono quindi delle aziende che utilizzano i soldi che voi versate per prestarli a terze persone. Questa è una attività così redditizia che le barriere all'ingresso sono altissime, cioè se qualcuno decide di intraprendere questa attività deve affrontare dei costi iniziali veramente ingenti. Semplificando, gli istituti di credito pagano i loro fornitori (coloro che versano i soldi nel conto corrente) con tassi di interesse tra lo 0,5 ed 1% e chiede ai loro clienti per l'utilizzo di quel denaro, un interesse che va dal 6% a più del 10%. Questa è una delle attività principali delle banche assieme alla vendita di servizi costosissimi come la gestione del conto corrente (secondo uno studio della Commissione europea, citato nel libro di Bellelli, in media in Italia il costo di gestione del conto corrente è di 253 euro all'anno, che corrisponde ad un mese di rata per un’utilitaria media, ritornando al paragone iniziale).

Quando entriamo in banca, entriamo in una azienda che ci vende un servizio. Gli effetti del servizio che noi acquistiamo viene venduto ad altri con una marginalità dieci volte superiore.

Se il privato cittadino deve instaurare una relazione commerciale vera con la banca, le aziende devono vedere la banca come un fornitore e gestirlo di conseguenza.

Le attività aziendali quando si rapportano agli istituti di credito, si relazionano con uno dei loro fornitori principali o più importanti. Spesso quando le aziende sono in difficoltà e non sono in grado di raggiungere i propri obiettivi, i primi fornitori che se ne accorgono sono proprio le banche. E gli istituti di credito sono i primi che quando le difficoltà diventano evidenti posso imporre il semaforo rosso e bloccare di fatto l'attività aziendale.

Anche in questi ambiti, la capacità di trattare con gli istituti di credito perché diventino dei partner funzionali alla crescita aziendale, è strategicamente importante. Lo sviluppo stesso di business dipende dalla capacità dell'imprenditore di attrarre capitali ed in primis di relazionarsi con le banche. Questo aspetto è spesso sottovalutato e purtroppo molti credono che il rapporto di fiducia con determinati figure all'interno degli istituti sia sufficiente per la gestione di questo importante fornitore. I criteri attraverso cui le banche prendono determinate decisioni, possono essere conosciuti ed è importante che le aziende siano in grado di negoziare professionalmente con questo particolare fornitore. Se l'azienda non ha al suo interno la competenza per raggiungere determinati obiettivi è meglio che si affidi a figure esterne, indipendenti dalla struttura bancaria, che siano in grado di ottimizzare il rapporto con gli istituti di credito.

Il testo di Bellelli è indirizzato ad un pubblico che ha la necessità di gestire il proprio patrimonio personale, senza una particolare cultura finanziaria e dimostra come la capacità del singolo di chiedere spiegazioni e di confrontare le diverse possibilità del mercato, sia fondamentale per la buona riuscita del rapporto con le banche.

Anche nell'apertura di un semplice conto corrente si può applicare questo principio. Apparentemente, un prodotto così standard e così semplice non viene mai considerato come trattabile ed il utente/cliente da per scontato che non ci siano margini di negoziazione per migliorarne le condizioni, come se si dovesse trattare l'emissione di una carta di identità nell'ufficio dell'anagrafe comunale.

Invece anche uno strumento così base è perfettamente trattabile e nel suo libro Bellelli ne analizza approfonditamente le caratteristiche. Questo servizio è venduto dalla banca al cliente scomponendolo in una serie di sottoservizi che vengono prezzati in modo differente, diciamo a consumo. Di seguito alcuni esempi di ciò che acquistiamo e paghiamo quando apriamo un semplice conto corrente in banca:
  • l'acquisto di ogni operazioni effettuata;
  • l'acquisto di un bonifico bancario;
  • l'acquisto della spedizione dell'estratto conto trimestrale con il calcolo della chiusura;
  • l'acquisto dell'imposta di bollo; 
  • l'acquisto del conto stesso o spese di tenuta conto (o un canone fisso, se si è scelto il regime forfettario);
  • l'acquisto del denaro non nostro, che eventualmente abbiamo utilizzato (costi derivanti dallo scoperto).

    Di questo elenco l'unico prezzo di acquisto che non può essere negoziato è l'imposta di bollo. Tutti gli altri elementi sono perfettamente trattabili.

    Quando entriamo in una banca siamo dei clienti o potenziali clienti e possiamo chiedere delle spiegazioni riguardo tutto ciò che non è chiaro. Abbiamo il diritto di ottenere delle risposte comprensibili come quando acquistiamo un qualsiasi altro bene o servizio. Se Il nostro venditore non è in grado di dare spiegazioni esaurienti, forse stiamo sbagliando interlocutore e probabilmente dietro l'angolo, ci sarà un'altra banca che saprà spiegarci meglio come spenderà i nostri soldi. Noi acquistiamo dei servizi dalle banche che possono essere trattati sul prezzo e sul contenuto, questo vale per i privati e soprattutto per le aziende.

7 commenti:

Anonimo ha detto...

meditate gente meditate.....

Miriam Fido ha detto...

Dalle banche meglio stare alla larga più che si può, soprattutto le taliane....e ricordate di fare sempre l' opposto di quello che vi propongono!

imprenditore disilluso ha detto...

il suo articolo mi ha colpito molto e questo libro, tra i tanti che consigliate, me lo compro!
rimangono però tante belle parole: le banche da sempre, e tanto più adesso, i soldi li danno a chi già li ha o a chi li può garantire graniticamente; una volta che hai scelto l'istituto sbagliato o che non ti vuole come cliente perchè troppo rischioso (e quindi anche però molto remunerativo per loro) sono in grado di rendere impossibile l'accesso al credito presso altri istituti segnalandoti in maniera più che tempestiva in centrale rischi, bollando pratiche di richiesta credito come rischiose, facendo pressione per rientrare di affidamenti drenando liquidità da altre parti.... insomma quando il cliente entra in banca, che sia imprenditore o meno, deve avere un bel coraggio per porsi come cliente (magari come il cliente che ha sempre ragione) perchè ne paga (senza acquistarle...) le conseguenze immediatamente. forse è un problema di mentalità forse di possibilità di procurarsi chance alternative, ma quegli interlocutori professionali di cui parla lei nell'articolo, DOVE SONO???? i commercialisti che si sono susseguiti nel tempo nel seguire le mie peripezie bancarie, parevano gli impiegati della stessa banca con la quale andavamo a "trattare" tanto era sbilanciato il risultato dei nostri incontri. e allora come sempre all'imprenditore tocca fare da solo.
oppure?! Lei ha altri suggerimenti?!

Errico Grisot ha detto...

gent.mo imprenditore disilluso, comprendo le sue perplessità,

suggerimenti?
alternative?

Mi contatti

grisot@spheragroup.it

Anonimo ha detto...

Anche io comprerò quel libro..

Anonimo ha detto...

Ultimamente in Italia ci si sente Clienti veramente di rado. Essere trattati come si deve e ottenere risposte chiare e veritiere è diventato complicato, ma qualcuno che si salva ancora esiste, basta cercarlo e trovarlo!

Err ha detto...

in Italia non ci si sente "clienti" perché non c'è fame di clienti!