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martedì 1 marzo 2011

I Vincitori: una miscela di talento e determinazione? Si, ma non solo!

di Elena Pierini

Come si fa ad arrivare al successo? È solo questione di talento e determinazione?
Malcolm Gladwell riesce a dare una risposta osservando le persone giunte all’apice del successo come: campioni dello sport, geni della scienza, virtuosi della musica, uomini d’affari multimilionari.
Gladwell analizza le loro doti individuali ma anche e soprattutto i dettagli delle loro biografie.
Vediamo come, riporto alcuni esempi.


L’hockey canadese è una meritocrazia. Se hai la stoffa e sei disposto a darti da fare per sviluppare il tuo talento il sistema ti premierà, nell’hockey il successo si basa sui meriti individuali.
A metà degli anni Ottanta uno psicologo canadese, Roger Barnsley, attirò per primo l’attenzione sul fenomeno dell’età relativa.
Osservando l’organico dei Medicine Hat Tigers nel 2007, spicca ai nostri occhi che il 40% degli atleti era nato tra gennaio e marzo, il 30% tra aprile e giugno, il 20% tra luglio e settembre e il 10% tra ottobre e dicembre.
Non c’è bisogno di un’analisi statistica, basta semplicemente guardare l’organico della squadra.
Quindi? I segni del Capricorno, dell’Acquario e dei Pesci sono i migliori? No, non è una questione di zodiaco.
Per vincere talento, passione, lavoro duro e determinazione sono basilari, tuttavia anche un bel vantaggio di diversi mesi di allenamento e maturità in più certamente aiutano.
Ma esiste il talento innato? Certo!
Non tutti i giocatori di hockey nati in gennaio finiscono per fare i professionisti. Solo alcuni: quelli che hanno talento e preparazione.

Sarai tu il prossimo Michael Jordan? Quando sei nato?
Anche un ricercatore australiano afferma che potrebbe dipendere da quando sei nato.
Secondo Adrian Barnett, il mese di nascita di una persona può infatti avere impatto su salute e forma fisica.
I risultati del suo studio sono stati pubblicati in un libro, "Analysing Seasonal Health Data", analizzando i compleanni dei giocatori professionisti della Australian Football League (Afl), Barnett ha riscontrato che un numero sproporzionato è nato nei primi mesi dell'anno, mentre quelli nati negli ultimi mesi, specialmente a dicembre, sono pochi.
In Australia l'anno scolastico comincia a gennaio.
"I bambini più alti hanno un ovvio vantaggio quando giocano", spiega Barnett: "Se sei nato a gennaio, hai 12 mesi di crescita di vantaggio rispetto ai tuoi compagni nati nei mesi successivi, quindi nascere il 31 dicembre o il 1 gennaio potrebbe fare una grande differenza nella tua vita".
I risultati, ha spiegato, rispecchiano quelli di altri studi internazionali che hanno riscontrato un legame tra data di nascita vicina all'inizio dell'anno scolastico e chance di diventare un giocatore professionista in sport come hockey, football, pallavolo e basket.

Un altro studio importante riguardante l'argomento del talento è portato nei primi anni '90 dallo psicologo K. Anders Ericsson e due colleghi all'accademia d'élite della musica di Berlino. Con l'aiuto dei professori dell'accademia, hanno diviso i violinisti della scuola in tre gruppi.
Nel primo gruppo c'erano le stelle, quelli con potenziale per diventare i migliori al mondo. Nel secondo c'erano quelli semplicemente “bravi”. Nel terzo, infine, quelli che difficilmente sarebbero diventati musicisti professionisti, e che avevano intenzione di diventare insegnanti di musica. A tutti è stata posta la stessa domanda: nel corso della tua carriera, da quando hai preso per la prima volta in mano un violino, quante ore di esercizio hai fatto?
Tutti, in tutti e tre i gruppi, avevano cominciato a suonare più o meno alla stessa età, intorno ai cinque anni. Nei primi anni tutti si esercitavano sulle due o tre ore a settimana. Ma intorno agli otto anni cominciavano ad emergere le vere differenze. Quelli che poi sarebbero diventati i migliori della classe hanno cominciato ad esercitarsi più di tutti gli altri. In effetti, all'età di vent'anni i violinisti “d'élite” avevano totalizzato più di diecimila ore di esercizio. Il secondo gruppo era sulle ottomila, ed il terzo poco più di quattromila.
Quello che colpisce nello studio di Ericsson è che non si è trovato nessun musicista “naturale” che galleggiasse senza sforzo tra i migliori esercitandosi molto meno di loro, né, specularmente, alcuno sfortunato che, pur sforzandosi più di tutti gli altri, non avesse quello che serviva per arrivare al massimo.
La ricerca suggerisce che una volta che un musicista è abbastanza capace da entrare in una scuola di musica, quello che fa la differenza è quanto si esercita.
Inoltre, i migliori dei migliori non si limitano a lavorare più, né molto di più. Lavorano molto, molto di più.
L'idea che l'eccellenza in un compito complesso richieda un minimo di esercizio è emersa molte altre volte negli studi al riguardo. I ricercatori, in effetti, si sono accordati su quello che credano sia il numero magico per essere davvero capaci: diecimila ore.

Anche i Beatles, uno dei più famosi gruppi rock della storia, prima della loro esperienza ad Amburgo non avevano nessuna regola quand’erano in scena.
Quando si conclusero i vari viaggi ad Amburgo, avevano suonato dal vivo circa 1200 volte ed erano diventati ciò che sono diventati.
Come mai?
L’importanza di Amburgo risiede nella semplice quantità di tempo che il gruppo fu costretto a suonare.
John Lennon in un’intervista disse: “A Liverpool non avevamo mai suonato più di un’ora, invece ad Amburgo ci è toccato suonare per otto ore e più di una volta, così abbiamo dovuto per forza imparare a suonare in una maniera nuova”.
Un’occasione straordinaria simile a quella dei giocatori nati a gennaio, febbraio e marzo.

Lewis Terman, psicologo statunitense, nel 1921 decise di fare dell’analisi dei ragazzi dotati la missione della sua vita. Quei genietti furono ribattezzati “Termites” ed erano in possesso di un QI (Quoziente Intellettivo) superiore a 140, che per una persona normale è tra gli 80 ed i 100.
Purtroppo dopo alcuni anni, nonostante le aspettative molto elevate, ben pochi “Termites” erano diventati personaggi famosi a livello nazionale, mentre alcuni di loro avevano lavori ordinari con redditi non eccezionali e sorprendentemente parecchi erano dei falliti.
Per avere successo nel lavoro, il QI non è tutto.
Chi a scuola è sempre stato bravo non necessariamente sarà più adatto ad un certo tipo di lavoro rispetto a chi era uno studente scarso. Infatti, i classici test di intelligenza effettuano la misura del QI in base alle tradizionali capacità logico-matematiche, verbali e spaziali, evidenziandone però i limiti quando il QI è considerato un indicatore per prevedere il successo che una persona otterrà nella vita professionale e sociale. Frequentemente si verificano casi in cui persone con un QI alto ottengono scarsi risultati nel campo del lavoro e nell’ambito delle relazioni sociali. Ciò ha dimostrato che l'intelligenza intesa come puro raziocinio rispecchia solo una porzione delle più generali capacità che permettono ad un individuo di affrontare e risolvere i problemi di tutti i giorni. La conseguenza è che il giudizio ottenuto a scuola tende a mettere in luce solo un tipo di intelligenza più generale, a discapito di eventuali inclinazioni più spiccate del singolo.
Si pensi ad una persona particolarmente intelligente, professionalmente preparata, ma intrattabile ed asociale. Le mancanze a livello relazionale potrebbero notevolmente compromettere un futuro professionale probabilmente brillante e promettente.

Tornando allo psicologo statunitense, i “Termites” divenuti famosi erano coloro che avevano conquistato il successo e provenivano in maniera preponderante dalla classe media o alta, mentre i falliti viceversa venivano dai quartieri poveri.
Terman dà ragione all’argomentazione di Annette Lareau, secondo cui conta veramente il modo in cui i vostri genitori si guadagnano da vivere e quali sono i presupposti della loro classe di appartenenza.
La sociologa Annette Lareau, qualche anno fa, ha condotto una ricerca su un gruppo di alunni di terza elementare. Scelse scolari bianchi e neri provenienti da famiglie povere e facoltose.
I genitori della classe media tentano di valutare e promuovere i talenti, le opinioni, le capacità del bambino in modo attivo. I genitori poveri ritengono, al contrario, che sia loro responsabilità dei figli ma lasciano che crescano e si valorizzino per conto proprio.
La conseguenza dei due diversi modi di educare fa si che i bambini poveri siano spesso più educati, meno piagnucolosi, più creativi nell’uso del proprio tempo ed hanno un senso di indipendenza ben sviluppato.
Il bambino della classe media, pieno di impegni, è esposto ad una serie di esperienze che mutano costantemente. Impara a lavorare in gruppo e ad affrontare ambienti molto strutturati, gli insegnano ad interagire senza difficoltà con gli adulti e ad esprimere la propria opinione se necessario. Si comportano come se avessero diritto di dar corso alle priorità individuali, di interagire attivamente in un contesto istituzionale e di agire nel proprio interesse per ottenere vantaggi.

Allora, come si fa ad arrivare al successo?
Il talento e la determinazione non assicurano il successo, ma devono essere accompagnati da altri elementi e circostanze, spesso bizzarri e quasi sempre sottovalutati, ma che fanno parte di noi, di tutte le nostre esperienze e di tutto ciò che ci circonda sin dall’infanzia. Si tratta del mese di nascita, delle ore di allenamento e preparazione, della classe di appartenenza, della cultura, del momento storico, del tessuto economico e sociale: tutte quelle circostanze e scelte, anche banali, che abbiamo davanti ogni giorno, ma che delineano il nostro profilo di vincitore o di perdente.

9 commenti:

Geronimo ha detto...

Il talento e la determinazione sono importanti, ma alla base di un successo duraturo credo ci sia una miscela importante anche di duro lavoro, duro allenamento e l' abitudine alla sconfitta. Solo chi è stato sconfitto ed è riuscito a rialzarsi tante volte conosce il valore delle cose e i limiti del successo. E come disse ford,"Ogni fallimento è solamente un'opportunità per diventare più intelligente."

Anonimo ha detto...

Concordo con Geronimo, anche se sono consapevole del fatto che è dura rialzarsi dopo tante e tante sconfitte. Ci vuole davvero tanta motivazione, tenacia e umiltà per ricominciare dopo una sconfitta e non tutti ci riescono, solo i migliori!

Anonimo ha detto...

Vorrei sottolineare che viviamo in un Paese in cui la meritocrazia non esiste, quindi per quanto tutte queste caratteristiche, contingenze, influenze e via dicendo, siano indispensabili, non sò fino a che punto possano servire davvero! Questo non è pessimismo, ma puro realismo...
Io direi che, con i tempi che corrono, appellarsi e confidare nell'ormai famoso "fattore C", potrebbe essere una giusta alternativa e/o valore aggiunto!!!

Anonimo ha detto...

.....il fallimento è un evento e non una persona....non lasciamoci condizionare da 2 lettere:No

Anonimo ha detto...

condivido che tra coloro che nella vita hanno avuto o continueranno ad avere successo c'è chi lo deve ad una dose più o meno ampia di "fattore C", ma il successo non è riservato solo ai più fortunati. Penso che tra tutti questi, a distinguersi siano coloro che prima dei successi hanno avuto delle bastonate, hanno lottato ed hanno fatto dei propri fallimenti una base su cui sviluppare nuove idee, anche semplici ma vincenti: l'esperienza, la tenacia e la perseveranza accompagnano al traguardo.

Boccadirosa ha detto...

Perchè confidare nel fattore c? E perchè no nel fattore F e nella possibilità di qualche bunga bunga anche di provincia??
La fortuna è sapere sfruttare al massimo risorse e circostanze...

Cip ha detto...

Purtroppo non sempre viene premiato chi è meritevole...la maggior parte delle volte sono altri i fattori che determinano il successo.Pertanto la determinazione e il talento sono importantissimi, ma avere delle buone conoscenze, una posizione sociale e tanto, ma tanto fattore "C" spiana la strada.......

Filippo ha detto...

Fattore "C"... "F"..., meritocrazia inesistente... zodiaco... tutte considerazioni un pò campate per aria. se la meritocrazia non esiste significa che il darwinismo sociale è terminato. da quando?! ritengo sia più che altro una questione di prospettiva temporale: nel breve periodo le scorciatoie mi permettono di superare la fila e arrivare prima degli altri, ma di fronte a problematiche complesse non avrò maturato nè le competenze nè le qualità per gestire fasi critiche. non è detto che chi ha preso delle bastonate le abbia maturate mentre cercava di spalmarsi il lasonil sugli ematomi, ma è più preparato, sa già cosa lo aspetta, conosce quali sono i vicoli ciechi e, se ha fiducia e perseveranza, a forza di provare troverà la via d'uscita. oppure trova un altro modo, come sostenne simpaticamente Watt, di "non inventare la lampadina".
io poi sono nato in agosto quindi non posso accondiscendere di buon grado alla teoria dell'inizio anno che vale, se vale, per i bambini e gli adolescenti nello sport come nella scuola. ma superati i periodi di crescita e abbandonata l'adolescenza, non possono più fare la differenza! altrimenti iniziamo ad assecondare quelli che fanno selezione basandosi sull'oroscopo.... ridiamoci su, va là!

fattore C... ha detto...

Oroscopi, fattore "C", gioco del lotto, fine del mondo del 2012, sono delle comode scuse per spiegare a se stessi che non si è ottenuto nulla per responsabilità di altri: quando questo nulla emerge nella sua incontrovertibile presenza è meglio cominciare a lavorare invece che guardar le stelle... oppure si può continuare a grattare per vincere, cosa dice l'oroscopo per domani?