di Joseph Alois Schumpeter
Se vogliamo afferrare il nocciolo della funzione dell’imprenditore, occorre fare una precisazione: definire quella che possiamo chiamare la gestione dell’industria, il management. Con questo termine s’intende la direzione tecnica, commerciale, organizzativa, rappresentativa, disciplinare delle aziende.
Essenziale in tutti i comparti, è il momento della formazione ed esecuzione della decisione, anche se quasi ogni imprenditore, a seconda della sua formazione, svolge anche un lavoro corrente di natura tecnica, giuridica, ecc.. Tuttavia non sta qui il nocciolo della questione, sebbene queste cose riempiano normalmente la vita quotidiana dell’imprenditore. (…)
Il nocciolo della questione e la vera funzione dell’imprenditore consistono piuttosto nel tradurre in pratica nuove combinazioni tecniche e commerciali, ovvero per dirla in termini più accessibili, nell’essere egli il protagonista del progresso economico. A questa funzione di guida sono legati i profitti dell’imprenditore, spesso molto alti ma per la loro natura temporanei, che sono all’origine della maggior parte dei patrimoni industriali, quando non sono frutto di situazioni di monopolio di guadagni fortunosi. Quando si dice, e lo si fa spesso, che il progresso industriale è un atto dell’intero sistema sociale, si dice naturalmente una cosa esatta nella sua genericità, ma che non elimina il fatto che per aiutare il sistema sociale a compiere questo atto occorre una guida particolare e che le qualità necessarie ad esercitarla sono presenti soltanto in una piccola frazione della popolazione.
Quando inoltre si sostiene che il metodo capitalistico del progresso economico destina questo progresso a privato vantaggio di una piccola minoranza, occorre replicare che, anche prescindendo dall’importanza di questo metodo per la formazione del capitale e la reazione di risorse fiscali, è appunto questo collegamento tra profitto privato ed efficace applicazione di nuovi metodi di produzione – da distinguere nettamente dalla loro invenzione, che è funzione di tutt’altra specie - , rafforzato dalla responsabilità personale per le perdite in caso d’insuccesso, ad assicurare il perfetto funzionamento del meccanismo, e che in seguito i risultati del processo vanno automaticamente a vantaggio dell’intera collettività.
La domanda che dobbiamo porci a questo proposito è allora la seguente: L’imprenditore dà prova di essere, nella sua funzione amministrativa, l’amministratore scrupoloso delle forze produttive nazionali affidategli, e nella sua funzione di guida, un capo energico ed efficiente?
* Ökonomie und Psychologuie des Unternehmers [1929], in Aufsätze zur Tagespolitik: Ökonomie und Psychologie desUnternehmers. Eds. Ch. Seidl, W. F. Stolper. J. C. B. Mohr. Tübingen 1993, pp. 193-204 (trad. it. Economia e psicologia dell’imprenditore, in J.A. Schumpeter, L’imprenditore e la storia dell’impresa, a cura di Alfredo Salsano, Bollati Boringhieri, Torino 1993, pp. 76-90. Il passo si trova a pp. 80-81).
Se vogliamo afferrare il nocciolo della funzione dell’imprenditore, occorre fare una precisazione: definire quella che possiamo chiamare la gestione dell’industria, il management. Con questo termine s’intende la direzione tecnica, commerciale, organizzativa, rappresentativa, disciplinare delle aziende.
Essenziale in tutti i comparti, è il momento della formazione ed esecuzione della decisione, anche se quasi ogni imprenditore, a seconda della sua formazione, svolge anche un lavoro corrente di natura tecnica, giuridica, ecc.. Tuttavia non sta qui il nocciolo della questione, sebbene queste cose riempiano normalmente la vita quotidiana dell’imprenditore. (…)
Il nocciolo della questione e la vera funzione dell’imprenditore consistono piuttosto nel tradurre in pratica nuove combinazioni tecniche e commerciali, ovvero per dirla in termini più accessibili, nell’essere egli il protagonista del progresso economico. A questa funzione di guida sono legati i profitti dell’imprenditore, spesso molto alti ma per la loro natura temporanei, che sono all’origine della maggior parte dei patrimoni industriali, quando non sono frutto di situazioni di monopolio di guadagni fortunosi. Quando si dice, e lo si fa spesso, che il progresso industriale è un atto dell’intero sistema sociale, si dice naturalmente una cosa esatta nella sua genericità, ma che non elimina il fatto che per aiutare il sistema sociale a compiere questo atto occorre una guida particolare e che le qualità necessarie ad esercitarla sono presenti soltanto in una piccola frazione della popolazione.
Quando inoltre si sostiene che il metodo capitalistico del progresso economico destina questo progresso a privato vantaggio di una piccola minoranza, occorre replicare che, anche prescindendo dall’importanza di questo metodo per la formazione del capitale e la reazione di risorse fiscali, è appunto questo collegamento tra profitto privato ed efficace applicazione di nuovi metodi di produzione – da distinguere nettamente dalla loro invenzione, che è funzione di tutt’altra specie - , rafforzato dalla responsabilità personale per le perdite in caso d’insuccesso, ad assicurare il perfetto funzionamento del meccanismo, e che in seguito i risultati del processo vanno automaticamente a vantaggio dell’intera collettività.
La domanda che dobbiamo porci a questo proposito è allora la seguente: L’imprenditore dà prova di essere, nella sua funzione amministrativa, l’amministratore scrupoloso delle forze produttive nazionali affidategli, e nella sua funzione di guida, un capo energico ed efficiente?
* Ökonomie und Psychologuie des Unternehmers [1929], in Aufsätze zur Tagespolitik: Ökonomie und Psychologie desUnternehmers. Eds. Ch. Seidl, W. F. Stolper. J. C. B. Mohr. Tübingen 1993, pp. 193-204 (trad. it. Economia e psicologia dell’imprenditore, in J.A. Schumpeter, L’imprenditore e la storia dell’impresa, a cura di Alfredo Salsano, Bollati Boringhieri, Torino 1993, pp. 76-90. Il passo si trova a pp. 80-81).
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