Ventisette anni fa scrissi insieme a Roger Fisher un libro intitolato Getting to Yes, incentrato su come giungere a un accordo che soddisfi le parti coinvolte in una negoziazione. penso che sia diventato un bestseller internazionale perché fa riflettere le persone sui principi del senso comune, che sicuramente conoscono ma che a volte dimenticano di applicare.
Sicuramente con il passare degli anni mi sono accorto che “arrivare al sì” non è solo la metà dell’equazione ma è anche la parte più facile. Come diceva uno dei miei clienti, presidente di un’azienda: “I miei collaboratori sanno come arrivare al sì, non è un problema. Ciò che riesce loro difficile è dire No”. O come segnalerà l’ex premier britannico Tony Blair: “L’arte della leadership non consiste nel dire Sì, ma nel dire No”.
In realtà poco dopo la pubblicazione di Getting to Yes comparve una caricatura nel Boston Globe. Un uomo in giacca e cravatta chiedeva a un libraio un consiglio su un buon libro di negoziazione. “Questo è molto popolare”, gli disse il libraio porgendogli una copia di Getting to Yes. “Non era un Sì quello che avevo in mente”, rispose il cliente.
Una conversazione con il famoso finanziere Warren Buffet rafforzò in me l’importanza del No. “Non capisco questa storia del Sì - mi disse -. Nel mio genere di affari, la parola più importante è No. Tutto il giorno valuto proposte di investimenti e dico No, No, No, No, finché non incontro esattamente quello che sto cercando. E allora dico Sì. Tutto ciò che ho dovuto fare è stato dire Sì poche volte nella mia vita e su questo ho costruito una fortuna.” Il No è la chiave per definire il suo focus strategico, di conseguenza ciascun Sì importante può richiedere migliaia di No.
Con il tempo ho capito che il principale ostacolo per arrivare al Sì è imparare a dire di No nel modo giusto. A volte ci risulta difficile dire No quando vogliamo farlo, e sappiamo che dovremmo. O decidiamo di farlo ma in modo che frena l’accordo e distrugge le relazioni. Cediamo alle esigenze sbagliate, all’ingiustizia e perfino all’abuso, e ci imbarchiamo in una lotta distruttiva in cui tutti perdiamo.
Per sfuggire a questa trappola dobbiamo adottare quello che io definisco un “No positivo”. A differenza del No tradizionale, che inizia e finisce con un No, il No positivo inizia e termina con un Sì.
Dire No in maniera positiva significa prima di tutto dire Sì a noi stessi e ai nostri valori più profondi. Quando John, dirigente di un’azienda familiare che conosco, ha dovuto dire No alla richiesta di suo padre (e capo) di occuparsi degli affari durante le feste natalizie per l’ennesima volta, egli ricorse a un Sì più profondo alla sua famiglia e al rispetto di se stesso. Disse al padre: “La mia famiglia ha bisogno di me e intendo passare con loro il Natale”.
John fissò un limite e proseguì, con un tono rispettoso: “Non lavorerò questo Natale”. Senza dubbio non terminò con questo No ma con una proposta positiva. Spiegò a suo padre come avrebbe organizzato il lavoro in ufficio di modo che si facesse ciò che si doveva, mentre lui avrebbe destinato il tempo necessario alla sua famiglia.
In conclusione il No positivo è una sequenza Sì-No-Sì. Il primo Sì esprime le necessità e i valori della persona, il No consolida il suo potere, e il secondo Sì consolida la sua relazione. La chiave risiede nel rispetto, tanto verso noi stessi quanto verso l’altro.
Il No positivo rappresenta un matrimonio fra le due parole essenziali del linguaggio: Sì e No. Il problema attuale è che separiamo i nostri Sì dai nostri No. Sì senza No significa condiscendere, mentre No senza Sì è dichiarare guerra.
Il Sì senza il No distrugge la nostra soddisfazione personale e il No senza il Sì distrugge la nostra relazione con gli altri. Abbiamo bisogno di entrambi e insieme. Perché Sì è la parola chiave della comunicazione e No è quella dell’individualità. Sì è la parola chiave della connessione, No quella della protezione. Sì è la parola chiave della pace, No quella della giustizia. L’arte massima consiste nell’imparare ad integrarle, ad unirle in matrimonio. È questo il segreto per difendere ciò che sentiamo e di cui abbiamo bisogno, senza distruggere accordi importanti né relazioni preziose.
Il modo in cui diciamo No può sembrare, a volte, molto poca cosa; ma con il tempo fa un’enorme differenza nelle nostre vite, nella vita di chi ci circonda e nel mondo in genere.
Nel dire No al momento opportuno non facciamo un regalo. Stiamo proteggendo qualcuno o qualcosa a cui teniamo molto. Stiamo creando tempo e spazio per qualcosa che desideriamo. Stiamo cambiando la situazione in meglio, e preservando i nostri amici, colleghi e clienti. In sintesi siamo autentici con noi stessi. Attraverso la pratica semplice e quotidiana del No positivo stiamo collaborando con la nostra qualità di vita, il nostro successo lavorativo e la nostra felicità in casa. È un regalo che ci dobbiamo.
Però dire No può anche essere un regalo per l’altro. “Dimmi di sì, o di no, ma dimmelo subito”, è un ritornello molto noto. L’altro preferisce solitamente una risposta chiara, anche negativa, invece dell’indecisione. Un No gli consente di avanzare e prendere le proprie decisioni.
Certo è che un No positivo può unirci di più all’altro, in una relazione più autentica. Però se non gli diciamo la verità, benché sia un No, egli prenderà distanza perché sempre ci sarà qualcosa di importante che rimarrà taciuto tra di noi.
Dire No è un regalo per noi stessi, per l’altro e per tutto il mondo. Immaginiamo per un attimo un mondo in cui i No positivi fossero la norma e non l’eccezione:
• In casa, i genitori che esercitano No rispettosi con i propri figli vedrebbero lotte molto meno distruttive e i figli sarebbero meno maleducati e più felici, come solitamente crescono i bambini con limiti fermi e rispettosi. Quanti portano avanti relazioni conflittuali scoprirebbero che il matrimonio e le amicizie avrebbero così maggiori possibilità di successo.
• Al lavoro, i dirigenti che sanno dire di No svolgerebbero un’attività migliore, al momento di mantenere le loro organizzazioni strategicamente mirate. I responsabili dei dipartimenti finanziario, legale, informatico e delle risorse umane, che normalmente devono dire di No ai loro clienti interni, darebbero un contributo più efficace agli obiettivi strategici dell’organizzazione. I venditori, che sanno quando e come dire No ai loro clienti, si sentirebbero sostenuti nel farlo. E tutti avrebbero una maggiore autorità per trovare il punto di equilibrio tra vita professionale e privata.
• Nel mondo in generale, se i leader e le nazioni sapessero dire No in modo positivo, la gente difenderebbe ciò che è giusto per arrivare a soluzioni costruttive. Il risultato sarebbe un maggior conflitto, senza dubbio, però ci sarebbero meno guerre e più giustizia.
• La Natura, infine, sarebbe la prima beneficiaria, perché tutti sapremmo dire No agli eccessi che minacciano l’ambiente, dal quale dipendiamo noi e le generazioni future. La vita, in definitiva, sarebbe molto più serena, sana e sensata.
Non c’è dubbio che per pronunciare un No positivo occorrano coraggio, visione, empatia, forza, pazienza e perseveranza. Per cambiare i vecchi modelli occorre pratica. Fortunatamente ognuno di noi ha numerose opportunità per praticare l’arte del No tutti i giorni. Prendetelo come un esercizio. State sviluppando il muscolo del No positivo. Con l’esercizio quotidiano questo muscolo sarà ogni vola più forte. Con pratica e riflessione chiunque può migliorare nell’arte di dire No. Vi auguro il successo che giunge solo quando siamo autentici con noi stessi e rispettosi degli altri.
Sicuramente con il passare degli anni mi sono accorto che “arrivare al sì” non è solo la metà dell’equazione ma è anche la parte più facile. Come diceva uno dei miei clienti, presidente di un’azienda: “I miei collaboratori sanno come arrivare al sì, non è un problema. Ciò che riesce loro difficile è dire No”. O come segnalerà l’ex premier britannico Tony Blair: “L’arte della leadership non consiste nel dire Sì, ma nel dire No”.
In realtà poco dopo la pubblicazione di Getting to Yes comparve una caricatura nel Boston Globe. Un uomo in giacca e cravatta chiedeva a un libraio un consiglio su un buon libro di negoziazione. “Questo è molto popolare”, gli disse il libraio porgendogli una copia di Getting to Yes. “Non era un Sì quello che avevo in mente”, rispose il cliente.
Una conversazione con il famoso finanziere Warren Buffet rafforzò in me l’importanza del No. “Non capisco questa storia del Sì - mi disse -. Nel mio genere di affari, la parola più importante è No. Tutto il giorno valuto proposte di investimenti e dico No, No, No, No, finché non incontro esattamente quello che sto cercando. E allora dico Sì. Tutto ciò che ho dovuto fare è stato dire Sì poche volte nella mia vita e su questo ho costruito una fortuna.” Il No è la chiave per definire il suo focus strategico, di conseguenza ciascun Sì importante può richiedere migliaia di No.
Con il tempo ho capito che il principale ostacolo per arrivare al Sì è imparare a dire di No nel modo giusto. A volte ci risulta difficile dire No quando vogliamo farlo, e sappiamo che dovremmo. O decidiamo di farlo ma in modo che frena l’accordo e distrugge le relazioni. Cediamo alle esigenze sbagliate, all’ingiustizia e perfino all’abuso, e ci imbarchiamo in una lotta distruttiva in cui tutti perdiamo.
Per sfuggire a questa trappola dobbiamo adottare quello che io definisco un “No positivo”. A differenza del No tradizionale, che inizia e finisce con un No, il No positivo inizia e termina con un Sì.
Dire No in maniera positiva significa prima di tutto dire Sì a noi stessi e ai nostri valori più profondi. Quando John, dirigente di un’azienda familiare che conosco, ha dovuto dire No alla richiesta di suo padre (e capo) di occuparsi degli affari durante le feste natalizie per l’ennesima volta, egli ricorse a un Sì più profondo alla sua famiglia e al rispetto di se stesso. Disse al padre: “La mia famiglia ha bisogno di me e intendo passare con loro il Natale”.
John fissò un limite e proseguì, con un tono rispettoso: “Non lavorerò questo Natale”. Senza dubbio non terminò con questo No ma con una proposta positiva. Spiegò a suo padre come avrebbe organizzato il lavoro in ufficio di modo che si facesse ciò che si doveva, mentre lui avrebbe destinato il tempo necessario alla sua famiglia.
In conclusione il No positivo è una sequenza Sì-No-Sì. Il primo Sì esprime le necessità e i valori della persona, il No consolida il suo potere, e il secondo Sì consolida la sua relazione. La chiave risiede nel rispetto, tanto verso noi stessi quanto verso l’altro.
Il No positivo rappresenta un matrimonio fra le due parole essenziali del linguaggio: Sì e No. Il problema attuale è che separiamo i nostri Sì dai nostri No. Sì senza No significa condiscendere, mentre No senza Sì è dichiarare guerra.
Il Sì senza il No distrugge la nostra soddisfazione personale e il No senza il Sì distrugge la nostra relazione con gli altri. Abbiamo bisogno di entrambi e insieme. Perché Sì è la parola chiave della comunicazione e No è quella dell’individualità. Sì è la parola chiave della connessione, No quella della protezione. Sì è la parola chiave della pace, No quella della giustizia. L’arte massima consiste nell’imparare ad integrarle, ad unirle in matrimonio. È questo il segreto per difendere ciò che sentiamo e di cui abbiamo bisogno, senza distruggere accordi importanti né relazioni preziose.
Il modo in cui diciamo No può sembrare, a volte, molto poca cosa; ma con il tempo fa un’enorme differenza nelle nostre vite, nella vita di chi ci circonda e nel mondo in genere.
Nel dire No al momento opportuno non facciamo un regalo. Stiamo proteggendo qualcuno o qualcosa a cui teniamo molto. Stiamo creando tempo e spazio per qualcosa che desideriamo. Stiamo cambiando la situazione in meglio, e preservando i nostri amici, colleghi e clienti. In sintesi siamo autentici con noi stessi. Attraverso la pratica semplice e quotidiana del No positivo stiamo collaborando con la nostra qualità di vita, il nostro successo lavorativo e la nostra felicità in casa. È un regalo che ci dobbiamo.
Però dire No può anche essere un regalo per l’altro. “Dimmi di sì, o di no, ma dimmelo subito”, è un ritornello molto noto. L’altro preferisce solitamente una risposta chiara, anche negativa, invece dell’indecisione. Un No gli consente di avanzare e prendere le proprie decisioni.
Certo è che un No positivo può unirci di più all’altro, in una relazione più autentica. Però se non gli diciamo la verità, benché sia un No, egli prenderà distanza perché sempre ci sarà qualcosa di importante che rimarrà taciuto tra di noi.
Dire No è un regalo per noi stessi, per l’altro e per tutto il mondo. Immaginiamo per un attimo un mondo in cui i No positivi fossero la norma e non l’eccezione:
• In casa, i genitori che esercitano No rispettosi con i propri figli vedrebbero lotte molto meno distruttive e i figli sarebbero meno maleducati e più felici, come solitamente crescono i bambini con limiti fermi e rispettosi. Quanti portano avanti relazioni conflittuali scoprirebbero che il matrimonio e le amicizie avrebbero così maggiori possibilità di successo.
• Al lavoro, i dirigenti che sanno dire di No svolgerebbero un’attività migliore, al momento di mantenere le loro organizzazioni strategicamente mirate. I responsabili dei dipartimenti finanziario, legale, informatico e delle risorse umane, che normalmente devono dire di No ai loro clienti interni, darebbero un contributo più efficace agli obiettivi strategici dell’organizzazione. I venditori, che sanno quando e come dire No ai loro clienti, si sentirebbero sostenuti nel farlo. E tutti avrebbero una maggiore autorità per trovare il punto di equilibrio tra vita professionale e privata.
• Nel mondo in generale, se i leader e le nazioni sapessero dire No in modo positivo, la gente difenderebbe ciò che è giusto per arrivare a soluzioni costruttive. Il risultato sarebbe un maggior conflitto, senza dubbio, però ci sarebbero meno guerre e più giustizia.
• La Natura, infine, sarebbe la prima beneficiaria, perché tutti sapremmo dire No agli eccessi che minacciano l’ambiente, dal quale dipendiamo noi e le generazioni future. La vita, in definitiva, sarebbe molto più serena, sana e sensata.
Non c’è dubbio che per pronunciare un No positivo occorrano coraggio, visione, empatia, forza, pazienza e perseveranza. Per cambiare i vecchi modelli occorre pratica. Fortunatamente ognuno di noi ha numerose opportunità per praticare l’arte del No tutti i giorni. Prendetelo come un esercizio. State sviluppando il muscolo del No positivo. Con l’esercizio quotidiano questo muscolo sarà ogni vola più forte. Con pratica e riflessione chiunque può migliorare nell’arte di dire No. Vi auguro il successo che giunge solo quando siamo autentici con noi stessi e rispettosi degli altri.
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